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19 nov 2017

Cosa bolle in pentola: ecco 10 curiosità scientifiche...

Cosa bolle in pentola: ecco 10 curiosità scientifiche...
Dalle molecole che ogni giorno mettiamo nei nostri piatti fino alla cucina del futuro, la scienza dell’alimentazione e della preparazione dei cibi è sterminata. 

Uova, cioccolato e farina sono ingredienti che fanno parte della nostra alimentazione quotidiana, eppure spesso sappiamo ben poco della scienza che ci sta dietro. 

Senza dimenticare che il cibo che ingeriamo coinvolge non solo il nostro corpo ma anche la nostra mente, generando piacere ed eccitazioni culinarie. Ecco 10 curiosità scientifiche... 



1. Le bolle della birra che vanno in giù 
Quando si versa la birra in un bicchiere, a volte si osserva un fenomeno molto particolare e contro-intuitivo: le bollicine scendono, anziché salire come ci si aspetterebbe dalle leggi della fisica, dato che l’aria è meno densa del liquido. La spiegazione scientifica c’è, ed è arrivata delle università di Stanford ed Edimburgo con tanto di modelli matematici e simulazioni per i più scettici. In sintesi, le bolle salgono verso l’alto più agevolmente se si trovano al centro del bicchiere e non ai lati. Durante la risalita trascinano con sé un po’ di birra, e in una sorta di moto convettivo si genera anche un flusso di birra che scende, principalmente lungo i bordi del bicchiere. 

 2. I licheni: un cibo del futuro? 
Sono uno degli ingredienti fondamentali della new nordic cusine, candidati a diventare uno dei cibi del futuro.  Oggi a molti sembra difficile pensare ai licheni come qualcosa di commestibile, nutriente e appetitoso, ma in realtà questi organismi generati dalla simbiosi di un fungo e un’alga hanno tutte le carte in regola per diventare uno degli alimenti del futuro. Anzitutto, la maggior parte dei licheni è commestibile, e si pensa che nella metà dei casi possano avere proprietà medicamentose, antibiotiche o antisettiche. Uno dei piatti più famosi a base di licheni è il Moss and Cep: un lichene croccante con polvere di funghi porcini servito su un letto di muschio verde, da intingere nella panna acida. Insieme ai licheni, la cosiddetta new nordic cusine utilizza ingredienti come bacche, frutti acerbi, radici, fegato di merluzzo, aghi di pino, pezzi di corteccia, formiche e bava di lumaca.

3. La maionese con la frusta appesa al chiodo 
Basta un mixer a immersione e una velocità di almeno 13mila giri al minuto per ottenere un’emulsione perfetta e stabile. Lo chef abruzzese da tre stelle Michelin Niko Romito, noto per aver imparato tutto da autodidatta, ha proposto una ricetta per preparare la maionese in un batter d’occhio. Che cosa serve? 2 uova intere, 250 grammi di olio di semi di girasole, 25 grammi di aceto di vino bianco e 5 di sale. Oltre, naturalmente, al mixer. Una volta unite le uova con l’olio in un contenitore di forma cilindrica, impostando il mixer a immersione a una velocità di oltre 13mila giri al minuto si riesce a frantumare il grasso in minuscole goccioline, cosicché la lecitina del tuorlo d’uovo riesca ad amalgamare il tutto in pochi secondi. Una volta ottenuta un’emulsione stabile si possono aggiungere gli altri ingredienti, terminando la preparazione muovendo il mixer su e giù. 

4. Dalle piante arrivano nuovi dolcificanti 
La Stevia rebaudiana è un arbusto ottimo per la dolcificazione. Le sue foglie possono essere impiegate anche direttamente nelle bevande calde, con un lieve retrogusto di liquirizia. Accanto a tutti i dolcificanti prodotti dall’industria chimica – dall’aspartame all’acesulfame e alla saccarina – oggi stanno iniziando a diffondersi nuove alternative di origine vegetale da impiegare come additivi edulcoranti. Dalle foglie di stevia si estraggono sostanze che sono centinaia di volte più dolci del saccarosio. Le piccole foglie di stevia, utilizzate fresche oppure essiccate, possono essere impiegate direttamente come dolcificanti, anche in cibi e bevande calde. C’è un solo limite: è importante che la temperatura non superi mai i 140°C. 

5. Le sei forme cristalline del cioccolato 
Il cioccolato ha sei diverse forme cristalline. La forma preferita dai maestri cioccolatieri è la numero V, che ha una temperatura di fusione uguale a quella del nostro cavo orale e per queso si scioglie in bocca. Era il 1966 quando i chimici statunitensi Lutton e Wille pubblicarono sulla rivista Journal of the American Oil Chemists Society uno studio in cui erano descritte sei diverse forme di cristallizzazione del burro di cacao. Da allora si indicano con i numeri romani da I a VI, dove l’ordine corrisponde alla temperatura a cui si sciolgono. I maestri cioccolatieri preferiscono la forma V, che ha una temperatura di fusione corrispondente a quella del cavo orale (34°C) e dunque si scioglie in bocca oltre ad apparire lucida e bella da vedere. Ma c’è un problema: questa forma è instabile e si trasforma nella numero VI, di qualità inferiore. Quando il cioccolato resta in casa per mesi diventa biancastro e meno buono, e visivamente si nota anche una patina chiara superficiale dovuta alla formazione di cristalli di burro di cacao. 

6. La folle dieta del verme solitario 
Il verme solitario nella dieta? Secondo un folle regime alimentare, sarebbe una buona idea ingerire vermi-parassiti come la tenia, capace di assorbire una parte delle calorie ingerite e quindi di farci dimagrire. Nota anche come dieta della tenia, si basa sull’ingestione di questo verme-parassita (lungo qualche metro) che è capace di attaccarsi alle pareti intestinali e si nutre di ciò che mangiamo. Perché funziona? Il verme solitario assorbe una parte delle calorie che ingeriamo e di conseguenza fa perdere peso. Perché è folle? Tra gli effetti collaterali di questa geniale dieta ci sono dolori addominali, nausea, stanchezza e diarrea, e inoltre il verme può spostarsi fuori dall’intestino e, in giro per il corpo, creare danni ben peggiori. 

7. Chef Watson dalle braccia robotiche 
Un computer può riuscire a inventare ricette gustose? Ci prova Chef Watson, che sfrutta l’omonimo supercomputer e gli archivi di ricette online per ideare nuovi piatti che sorprendano i palati umani. Tra le innumerevoli applicazioni dell’intelligenza artificiale, c’è chi ha pensato di sfruttare l’enorme archivio di ricette del web per permettere agli chef robot di inventare nuovi piatti. Un esempio è Chef Watson, un sistema basato sul cognitive computing prodotto da Ibm che intende riprodurre il pensiero umano nell’ideazione delle ricette e dare il via alla branca del cognitive cooking, ovviamente sfruttando il supercomputer Watson. Studiando i milioni di ricette presenti nei database delle riviste di cucina, analizzando i file di Wikipedia che spiegano le associazioni tra ingredienti o le tradizioni culinarie e spulciando i dati scientifici sulle reazioni umane ai diversi ingredienti, l’obiettivo è unire conoscenza e capacità creativa. Già due anni fa è uscito un primo libro dedicato al cognitive cooking contenente 65 ricette originali, con piatti e accostamenti al limite dell’azzardo culinario. Il prossimo passo sarà unire la mente computerizzata al braccio robotico, permettendo agli automi di passare dall’ideazione delle ricette alla loro realizzazione.  

8. Il peperoncino, un bruciore che provoca piacere 
Brucia ma piace. Il peperoncino inganna i recettori della nostra lingua e genera una sensazione di dolore. Ma noi sappiamo di non correre alcun pericolo, e questo basta per farci provare piacere nel mangiare un cibo piccante. Come mai tantissime persone amano il peperoncino, nonostante provochi una sensazione molto simile al dolore? Sembra paradossale, poiché quando mangiamo un cibo piccante stiamo inviando al nostro cervello un segnale d’allarme: la capsaicina, contenuta nei peperoncini, si lega a un recettore sulla lingua che è sensibile ai cambiamenti della temperatura, facendoci credere che la nostra lingua stia bruciando. Il meccanismo del piacere deriva dalla consapevolezza che, in realtà, non c’è alcun pericolo. Nel cervello umano le aree del piacere e del dolore sono molto vicine e, secondo autorevoli psicologi come Paul Rozin, la passione per il cibo piccante è il prodotto dell’interazione tra queste due parti del cervello. Dolore e pericolo si confondono con il piacere, grazie anche alla consapevolezza che il nostro palato non sta davvero andando a fuoco. Inoltre dopo pochi minuti la sensazione di bruciore svanisce, innescando il meccanismo del sollievo: insomma, è un doloroso inganno che finisce per farci provare piacere.  

9. L’uovo ubriaco, figlio della cucina molecolare 
Una classica ricetta di cucina molecolare, che consiste nel preparare l’uovo sbattendolo in una scodella insieme ad alcol etilico puro al 95%. Alla fine l’uovo sembra strapazzato, ma conserva il gusto crudo originale. La cottura dell’uovo senza calore, ma sfruttando l’alcol etilico, è un grande classico della cucina molecolare. Visti gli ingredienti – uova e alcol – la ricetta non è adatta per sfamare i più piccini, ma la preparazione è davvero divertente. Dopo aver aperto l’uovo in una scodella, lo si sbatte con la frusta aggiungendo alcol etilico puro al 95%. L’uovo crudo dopo qualche istante inizia a coagulare, e anche se non si tratta di una vera cottura si ottiene la denaturazione delle sue proteine. L’alcol etilico infatti trasferisce energia alle proteine e altera la loro struttura, creando una texture a maglie che intrappola l’acqua e dona una consistenza solida e soffice. Alla fine l’uovo va sciacquato in un colino e poi asciugato, per togliere l’alcol in eccesso. Il risultato? Un uovo visivamente strapazzato, ma che in bocca avrà lo stesso sapore di un uovo crudo. 

10. Un cervello nella pancia 
Il sistema nervoso gastroenterico contiene 100 milioni di neuroni, il doppio rispetto al cervello di un topo. Questo mini-cervello è collegato al fulcro delle nostre emozioni, il sistema limbico. Quello principale resta nella testa, ma i ricercatori sempre più spesso parlano di un nostro secondo cervello, situato nell’apparato digerente. Si tratta di un modo suggestivo per parlare del sistema nervoso gastroenterico, fortemente connesso con il cervello e in particolare con alcune parti come il sistema limbico, il centro delle nostre emozioni. Stomaco, intestino tenue e colon ospitano tessuti nervosi in grande quantità, con più di 500 milioni di cellule nervose e 100 milioni di neuroni. Sono pochi se confrontati agli 86 miliardi di neuroni del cervello umano, ma comunque il doppio di quelli del cervello di un topo. Un mini-cervello, dunque, che percepisce il cibo e lo fa muovere, facendo interagire tutti gli elementi utili alla digestione. 

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